Qualcuno chiuda la porta
Perché l’anima di un neonato non sfugga
e non si perda appena nata, gli Alfur di Celebes, quando
sta per nascere un bambino chiudono accuratamente tutte
le aperture della casa, anche il buco della serratura,
e tutte le fessure dei muri. Legano anche la bocca a
tutti gli animali dentro e fuori la casa per timore
che uno di essi si possa inghiottire l’anima del
bambino. Per la stessa ragione tutte le persone della
casa, anche la madre, devono tenere chiusa la bocca
per tutto il tempo che dura la nascita.
Qualcuno apra la porta
Nel Nordovest dell’Argyllshire la gente superstiziosa
apre tutte le serrature al momento del parto. Nell’isola
di Salette, vicino a Bombay, quando una donna è
in grave travaglio si aprono con una chiave tutte le
serrature delle porte e dei cassetti per facilitare
il parto. […]
A Chittagong quando una donna non riesce a dare alla
luce un bambino, la levatrice ordina di spalancare porte
e finestre, nelle stalle, i cavalli nella scuderia,
il cane da guardia nel canile e liberare pecore, galline,
anatre ecc. Secondo il popolo questa libertà
universale accordata agli animali e alle cose inanimate
è un mezzo infallibile per far nascere un bambino.
Vietato accavallare le gambe
Plinio, sempre così serio, ci dice che sedere
con le mani intrecciate vicino ad una donna incinta
o a un malato sotto cura del medico getta un’influenza
maligna sulla persona. Ed è peggio se si stringono
le gambe, anche una sola, fra le mani giunte o se si
accavalla una gamba sull’altra. […]
L’esempio classico delle terribili conseguenze
che potevano seguire uno di questi atti è quello
di Alcmena, che fu in travaglio sette giorni e sette
notti per dare alla luce Ercole perché la dea
Lucina sedeva davanti alla casa con mani intrecciate
e gambe incrociate.
Sciogliete i nodi
Nelle Indie occidentali questa superstizione è
estesa a tutto il tempo della gravidanza; il popolo
crede che, se una donna incinta avesse dei nodi, delle
trecce e dei cordoni legati, il bambino sarebbe di conseguenza
compresso o la madre stessa sarebbe “legata”
al momento del parto. Anzi, alcuni obbligano anche il
padre del nascituro a osservare questa regola al pari
della madre. Tra i Caiachi della costa nessuno dei genitori
può legare con dello spago o fissare qualche
cosa durante la gravidanza. Nella tribù dei Tumbuluh
nel Celebes settentrionale al quarto o quinto mese di
gravidanza si fa una cerimonia dopo la quale tra l’altro
è vietato al marito di fare dei nodi e di sedere
con le gambe incrociate… Nell’isola di Scalin
quando una donna è in travaglio suo marito scioglie
tutto quello che può sciogliere: le trecce dei
propri capelli e i lacci delle scarpe, poi tutto quello
che è legato nella casa o nelle vicinanze. Nel
cortile toglie la scure dal blocco in cui è ficcata.
Scioglie la barca se è ormeggiata a un albero,
ritira le cartucce dal fucile e le frecce dalla balestra.
Parti adottivi
Diodoro racconta che quando Zeus persuase la sua gelosa
moglie Era ad adottare Eracle come figlio, la dea nel
suo letto si strinse al seno il gagliardo eroe, e lo
spinse fuori dalle sue vesti facendolo cadere in terra,
per imitare una vera nascita; e lo storico aggiunge
che anche ai suoi giorni veniva praticato tra i barbari
lo stesso genere di adozioni. Sembra che quest’uso
viva ancora oggi in Bulgaria tra i turchi bosniaci.
Una donna prende in seno il fanciullo che intende adottare
e lo fa uscire fuori dai suoi vestiti.
Stregoni incinti
Tra alcuni Caiachi del Borneo, quando una donna si trova
in grande travaglio, viene chiamato uno stregone che
tenta razionalmente di facilitare il parto manipolando
il corpo della sofferente. Uno stregone fuori dalla
camera si sforza intanto di ottenere lo stesso scopo
con mezzi irrazionali. Egli finge di essere la partoriente;
una grossa pietra attaccata sullo stomaco, con una fascia
avvolta intorno al corpo rappresenta il bambino nell’utero,
e, secondo gli ordini del suo collega che sta sul luogo
dell’operazione, egli muove sopra il suo corpo
questo finto bambino a esatta imitazione del bambino
vero finchè questo non nasca.
FONTE: James G.Frazer,
Il ramo d’oro, Bollati Boringhieri, Torino 1990
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